Corso di educazione e benessere per le donne
(English translation below)
Cari amici, sta per terminare il corso di ‘Educazione e Benessere per le donne’, realizzato grazie all’ICBIE che ci ha aiutato a concretizzare le nostre idee. Il progetto e’ nato dal mio incontro con Samantha Tavares, fisioterapista francese ed esperta in tecniche di rilassamento e Valdenice Santana, insegnante di scuola elementare brasiliana, anche loro volontarie all’ICBIE. Insieme a loro ho deciso di mettere a frutto le mie competenze di psicologa-psicoterapeuta, con le idee e le competenze di Samantha e Valdenice: abbiamo pensato e partorito un progetto proveniente dalle nostre esperienze di lavoro, cercando di adattarci alla realta’ del posto. Gia’ questa fase e‘ stata emozionante, il cercare insieme come impostare il corso. Ci siamo interrogate spesso sul valore del lavoro di ‘aiuto’, su cosa significa aiutare un altro che non conosciamo, e sul perche’ abbiamo scelto di farlo qui a Salvador. Instaurare una relazione implica sempre un contatto con cio’ che e’ diverso, e qui, devo dire, tutto e’ diverso, anche noi, il nostro sguardo sulle cose, i codici che usiamo. Non c’e’ uno ‘psicologo’ che sa la verita’ e un paziente che la ascolta: qui anche noi siamo ‘l’altro’, che non conosce la realta’ e ha bisogno di essere guidato, e questa, credo, e’ un’implicazione forte. Diamo spesso per scontato che una relazione di aiuto e’ paritaria, ma se analizziamo bene noi stessi, non la pensiamo cosi, da qualche parte c’e’ l’implicito che noi siamo quelli che aiutano e gli altri sono in difficolta’ e hanno bisogno di noi, che siamo piu’ ‘avanti’. Questo e’ un errore credo frequente e inconsapevole, anche nel lavoro di psicologo in Italia: non e’ facile aiutare l’altro a trovare la ‘sua’ strada, a cui noi in fondo non apparteniamo, non e’ facile ‘togliersi di mezzo’ e non ‘colonizzare’ emotivamente l’altro, rinunciare a sapere cio’ che e’ bene per lui dal nostro punto di vista. L’esperienza con le donne di qui ci ha aiutato in questo.
Abbiamo iniziato in piccoli gruppi di donne, con cui immediatamente instauriamo un rapporto aperto e confidenziale, ma, come si sa, non e’ facile entrare nella vita delle persone. Dai loro racconti, ho visto storie dure, donne forti, che riescono a fronteggiare mariti assenti e fuggitivi, violenti, lavori instabili e figli a carico da educare, in una realta’ economica come quella brasiliana, che non e’ una passeggiata. Sono rimasta colpita dalla loro tenacia, dalla loro volonta’ di stare bene e di aspirare al diritto di stare bene, dalla loro forza e dalla loro fragilita’. Avevo paura che non si affidassero a due straniere come me e Samantha, invece non ho avuto difficolta’, cercavano di farmi comprendere tutto, vista la mia scarsa dimestichezza col portoghese, anche grazie a Valdenice che traduceva le cose che non capivamo bene! La realta’ qui e’ diversa rispetto all’Europa, e, direte, questo lo sapevamo, ma toccarlo con mano e’ diverso. Qui la donna e’ sottomessa, ha meno potere decisionale rispetto all’uomo e spesso si ritrova da sola tra mille difficolta’. Le donne che abbiamo conosciuto hanno daí 35 ai 55 anni, appartengono ad una classe sociale media e hanno un livello di istruzione buono, ma senz’altro hanno bisogno di aiuto, di essere sostenute nel loro processo di emancipazione. Non accettano piu’ le convenzioni sociali imposte, cercano una loro identita’ diversa dal passato ma allo stesso tempo rimpiangono le certezze della generazione dei loro genitori di cui pero’ non condividono le idee e lo stile educativo. Ringraziamo tutte loro per l’incredibile esperienza che ci hanno permesso di fare, e l’ICBIE che ha permesso che questo progetto avesse luogo. Per quanto mi riguarda, torno in Italia con la voglia di ritornare in Brasile e fare di piu’, per piu’ tempo, favorire um processo che e’ gia’ in atto e che va sostenuto. Torno in Italia com un’idea diversa dell’incontro com l’altro, idea che gia’ coltivavo ma che questa esperienza mi ha dato modo di interiorizzare.
Un saluto a tutte/i
Consu
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Dear friends, the course ‘Education and Wellness for Women’ is coming to an end. The experience of teaching the course at the ICBIE has helped us to solidify our ideas. The course was born out of my meeting with Samantha Tavares, a French Physiotherapist and expert in relaxation techniques, and with Valdenice Santana, a Brazilian elementary school teacher, both of whom are volunteers at the ICBIE. Together, we decided to put my abilities as a psychologist/psycho-therapeutic doctor to work, together with the ideas and abilities of Samantha and Valdenice: we devised and gave birth to a project that came from our work experiences, in an effort to adapt them to the local realities. Even this first phase was exciting, trying to decide how to set up the course. We often asked ourselves about the the true value of “assistance” work, about what it means to help someone who we don’t know, and why we chose to work here in Salvador. To establish a relationship always means to help someone else who we don’t know, and here, I must admit, everything is different, even we’re different, our outlook on things, our habits. There is no such thing as a ‘psychologist’ who knows everything and a patient who just listens: here we are the foreigners, who don’t understand the reality and need to be guided, and this, I think, is an important implication. We take for granted the idea that a relationship of assistance is equal, but if we really analyze ourselves, we don’t think that way. Somewhere it is implicit that we are the ones that help and the others are in difficulty and need us, we, who are are more ‘advanced.’ I believe that this is a frequent and thoughtless error, even in a psychologist’s work in Italy. It’s not easy to help someone else to find his or her way on a road that we aren’t familiar with. It’s not easy to ‘put yourself on the outside’ and not emotionally ‘colonize’ the student, renouncing the knowledge of what is good for him from our point of view. The experience with the women here helped us in this.
We began with small groups of women, with whom we immediately formed an open and confidential dialog, but, of course, it’s not easy to get into people’s lives. From their stories, I heard about tough situations, strong women who manage to take over from absent, evasive or violent husbands, with precarious jobs and children to raise, all in an economic reality like Brazil’s, which is no picnic. I was struck by their tenacity, with their desire for well-being, of their aspirations for a right to well-being, by their strength and by their fragility. I was afraid that they wouldn’t trust two foreigners like Samantha and me. Instead, I didn’t have problems, and they tried hard to get me to understand everything, even with my scant knowledge of Portuguese, but thanks to Valdenice who translated everything that we couldn’t understand! The reality here is different from in Europe, and you’ll say that we knew this, but on the ground it is different. Here women are submissive, with less power to decide than the men. Often they find themselves alone, among a thousand difficulties. The women that we met are between 35 and 55, of average social class and with a good level of instruction. But undoubtedly they need help, to be sustained in their emancipation process. They no longer accept the given social conventions, they are searching for a different personal identity, but at the same time they lament the lack of security that their parents enjoyed, even though they don’t share their ideals or their way of raising children. We have to thank all of them for the incredible experience that they gave us, and thank the ICBIE, which allowed this project to take place. As for me, I go back to Italy with the desire to return in Brazil and do more, for a longer time, to carry forward a process that is taking place and needs to be supported. I return to Italy with different views about how I work with others, views that I already cultivated but that this experience really drove into my heart.
Greetings to all,
Consu